
Abbadia a Isola, lungo il tratto della Via Francigena che attraversa la Val d’Elsa, è un piccolo tesoro che conduce ad altri, pievi romaniche immerse nella campagna toscana
E’ stato il nome ad incuriosirmi.
Abbadia a Isola.
Siamo nel bel mezzo della campagna attorno a Monteriggioni, perché questa ‘Isola’ nel nome?
A volte è anche una piccola curiosità che mi fa salire in macchina e mi spinge ad esplorare.
Ma poi dove si trova di preciso Abbadia a Isola? Guardando sulla mappa, mi appare come un grumo di case rannicchiate lungo la Via Francigena.
La spiegazione affiora da uno specchio d’acqua. Abbadia a Isola è un’abbazia benedettina risalente all’anno Mille, all’epoca circondata da un lago-palude (Padule del Cannetto).
Era un’Abbazia fiorente, al confine tra Siena e Firenze, accoglieva i pellegrini che affrontavano la Francigena nel suo Spedale.
Avevo tutto sul tavolo: la Francigena, un’Abbazia romanica dell’XI secolo, la meravigliosa campagna toscana attorno.
Non mi restava altro che andare a vederla coi miei occhi!


ABBADIA A ISOLA E I MISTERIOSI SIMBOLI DEL ROMANICO
Attraverso il passaggio voltato che porta davanti alla Chiesa dei Santi Salvatore e Cirino e mi fermo davanti alla facciata.
Piano piano gli occhi salgono a raccogliere i dettagli scolpiti nella pietra: i fiori della vita, gli elaborati decori che corrono sopra gli archetti sospesi.
Animali fantastici e volti, uno diverso dall’altro.
Una rarità, la chiesa aveva il portale gemino (cioè doppio), tipico delle chiese di pellegrinaggio.
L’architettura romanica: purezza di linee e densa simbologia.


L’interno è fresco, le tre navate, la copertura a capriate lignee, i tre absidi scandiscono il silenzio.
Abituo gli occhi alla poca luce, li lascio correre sull’oro del polittico quattrocentesco di Sano di Pietro, sui frammenti di affresco negli archi, sulla grande composizione nella navata sinistra.



Ma quello che cerco nelle architetture romaniche sono i capitelli. Sospendo il tempo per osservarli, mi interrogo sul loro messaggio.
Qui ad Abbadia a Isola trovo un capitello antico, con figure di Oranti, le braccia alzate al cielo.
Un altro, con singolari simboli: un nodo, un 8 o un simbolo di infinito, entrambi sulla stessa colonna.
La pietra è il veicolo cui centinaia di anni fa gli scalpellini affidarono il loro messaggio.
Noi oggi siamo capaci di comprenderlo nel profondo?
Cercare le pievi è seguire il filo di questo linguaggio antico.



ANDAR PER PIEVI in VAL D’ELSA
Partendo da Abbadia a Isola, ho voluto esplorare i dintorni seguendo la traccia delle antiche pievi di campagna.
Per raggiungerle si percorrono strade che magari non avrei trovato, è una ricerca che mi regala panorami nuovi.
E viaggiare non è forse un modo nuovo di vedere le cose?
Un tratto di strada bianca mi conduce fino allo slargo attorno alla Pieve di Santa Maria a Castello, del X secolo. Quando arrivo non c’è nessuno, solo l’estate e un sole spietato. Ma è bella anche così, solida e solitaria.


Proseguo poi snobbando definitivamente il navigatore che non vuole convincersi a parlare il mio stesso linguaggio fatto di pievi e di pietre. Esplorare girovagando a caso mi regala la sorpresa di trovare qualcosa di inaspettato.
Fra odorosi viali di cipressi che portano a ville di cui non si intravede nemmeno la soglia, appare un’altra piccola chiesa. Il bel portico a tre archi della Chiesa di S. Fiora a Scorgiano, conserva ancora il pavimento originale in cotto.
Vicino c’è un delizioso punto di ristoro, la Botteghina di Scorgiano, è il momento di sedersi per bere qualcosa di fresco.
E per pensare alla prossima tappa: Monteriggioni.



UN OSTELLO LUNGO LA FRANCIGENA
Chi percorre oggi la Francigena, può ancora trovare un rifugio ad Abbadia a Isola. Accanto alla Chiesa, ornati da un doppio loggiato, i due piani del monastero offrono ospitalità ai Viandanti dei nostri tempi.

Per chiedere informazioni e prenotare, si tratta dell’ Ospitale dei Santi Cirino e Giacomo .

